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La matrice extracellulare come il web

Alla Base della Medicina Funzionale sta il concetto di Matrice extracellulare un vero e proprio BIOWEB le cui implicazioni sulla clinica stanno aprendo nuove prospettive nella cura delle malattie. Quando parliamo di Matrice Extracellulare dobbiamo premettere che abbiamo a che fare con un tessuto che la Medicina Funzionale studia dagli anni 70 del secolo scorso e che la Medicina ha cominciato a riconsiderare da pochi anni. Questo tessuto, dalla forma di una rete (Web) di polimeri (zuccheri e proteine) è intimamente connesso alle cellule e varia di composizione e aspetto a seconda delle funzioni che gli sono proprie e della fase metabolica in atto. Nella Matrice extracellulare avvengono tutti i fenomeni chiave che coinvolgono il ciclo vitale della cellula.

Pischinger, Pasteur e la Matrice extracellulare

  1. Pischinger, tra i padri della Medicina Funzionale, descrisse la Matrice extracellulare come la struttura fondamentale per la realizzazione della “regolazione di base” un processo capace di mettere in fase cellule e funzioni del sistema vivente grazie al controllo automatico del sistema nervoso centrale. Una visione semplicistica della Matrice extracellulare vede questo tessuto come quella parte del connettivo che come un magazzino rifornisce le cellule di ossigeno e nutrienti e riceve, dalle stesse, anidride carbonica, tossine ecc. Questa funzione di magazzino temporaneo è totalmente smentita dalla ricerca che mostra come la Matrice extracellulare svolga un ruolo biologico attivo a partire dal direzionare lo sviluppo embrionale fino ad arrivare alla espressione genica o alla regolazione dell’idratazione corporea. Per richiamare i concetti di Pasteur la Matrice Extracellulare funziona come un terreno le cui caratteristiche sono determinanti per il tipo di cellula che vi può vivere.

La Matrice extracellulare quale tessuto connettivo

Per meglio definirne prerogative e funzioni dobbiamo parlare di Matrice extracellulare partendo dal termine che da sempre la definisce in medicina: “connettivo”. Questa parola contiene in sé i due termini connetto e attivo e ciò descrive in modo mirabile il suo ruolo: per la Medicina Funzionale quando parliamo di Matrice Extracellulare parliamo di “un tessuto che connette tutte le parti del nostro corpo e svolge questa funzione in modo attivo”. Perché ciò avvenga è necessaria ovviamente la compresenza della cellula che crea la rete sia per azione biochimica che grazie al campo elettromagnetico conseguente alla attività mitocondriale e guida la strutturazione ordinata dei polimeri di collagene che ne costituisce la trama reticolare.

La Matrice extracellulare: una madre premurosa

Lo stesso nome Matrice deve farci pensare alla funzione: in latino Matrix è la Madre, componente fondamentale perché si realizzi il progetto multicellulare che noi chiamiamo corpo umano o meglio “essere umano”. Matrix è Utero, una funzione creatrice delle condizioni ottimali perché la cellula possa svolgere in omeostasi il suo ciclo vitale. La Matrice extracellulare come una madre premurosa e competente la nutre, la mantiene in condizioni ambientali ottimali perché avvenga il suo sviluppo armonioso, la sostiene nella crescita e nello stabilire le relazioni con altre cellule, ne guida lo sviluppo verso la maturità e ancora la protegge dalle repentine mutazioni dell’ambiente esterno diventando quella interfaccia che è un vero e proprio “vantaggio evolutivo” e come la Madre terra la accoglie alla fine del ciclo.

La Matrice extracellulare e l’evoluzione biologica

La creazione di questa rete ha rappresentato un “salto quantico” nella Terra di milioni di anni fa popolata da organismi unicellulari sottoposti a condizioni estreme. La comparsa della Matrice extracellulare portò all’espressione degli organismi pluricellulari che diedero vita a una varietà di specie incredibilmente elevata: le cellule impararono a cooperare ricreando un ambiente interno del tutto simile, per composizione in minerali, all’acqua di mare, ma questo ambiente venne strutturato in modo che tutte le cellule potessero mantenere un costante scambio informazionale grazie ad una stabilità in tutta una serie di parametri (biofisici: campo elettromagnetico, temperatura; biochimici: pH ecc.). I primi maestri della Medicina Funzionale coniarono la definizione: “la Matrice Extracellulare è la balia della cellula” intendendo questa funzione superiore legata al fatto di assimilare in tutto e per tutto al terreno biologico più propizio allo sviluppo della vita: l’acqua di mare, un’acqua però stabile, priva di tempeste e di variazioni di campo come invece accade nell’ambiente esterno agli organismi unicellulari.

La Matrice extracellulare: una rete nella rete

Ecco perché il nostro BIOWEB non è liquido ma una sorta di gel che appare al microscopio come una rete, costituita da zuccheri, proteine (GAG e PG) e ovviamente acqua. Dentro questa rete è presente un’altra rete intimamente embricata costituita da vasi linfatici, vasi arteriosi che si continuano con vasi venosi e una rete neurale. Nessuno di questi componenti può essere studiato da solo se vogliamo capire come funziona l’insieme, perché la funzione che ne emerge è di gran lunga superiore a quella attribuibile ai singoli componenti stessi. Il collageno è la base molecolare costitutiva della Matrice extracellulare e si presenta in molteplici forme e varietà. La Medicina Funzionale e ormai tutta la biologia sperimentale lo considera essenziale perché avvengano i processi di organizzazione e orientamento tissutale, i fenomeni di adesione, di migrazione e proliferazione delle cellule.

Le alterazioni della Matrice extracellulare

Anche la corretta gestione dei fenomeni di ricambio cellulare (apoptosi) non può manifestarsi in modo corretto senza una Matrice extracellulare perfettamente funzionante e rispondente a segnali che ne inibiscono la degradazione (PAI-1). Infatti, se da un lato, grazie alle peculiarità funzionali della Matrice extracellulare, sono possibili i fenomeni fisiologici di morfogenesi e angiogenesi, quando questo tessuto presenta delle anomalie che rendono difficile lo scambio delle informazioni osserviamo svilupparsi e diffondersi l’infiammazione, i processi autoimmuni e tutti i fenomeni tissutali degenerativi fino al cancro. Nella patologia tumorale la Matrice extracellulare è una rete che cambia aspetto: impedisce l’ingresso dei macrofagi e cambiando alcuni parametri locoregionali (pH, deposito di Calcio, glicoproteine della Matrice extracellulare) diventa un terreno favorevole solo allo sviluppo delle cellule cancerose le quali disturbano la regolazione di base elaborandone una propria. Grazie al principio di contiguità di rete questa Matrice Extracellulare modificata tende ad invadere, sfruttando la lamina Basale e le fasce, i tessuti circostanti fino a disseminarsi e attecchire a distanza.

La coerenza informazionale

In Medicina Funzionale parlare di Matrice Extracellulare significa quindi parlare di dialogo tra cellule. Questo dialogo è un fenomeno complesso che in definitiva permette il coordinamento tra le funzioni corporee. Perché ciò avvenga correttamente è necessario che si realizzi una “coerenza informazionale”: tutte le informazioni, che arrivino attraverso il mezzo chimico, quello elettrico, quello ondulatorio o altri, perché si trasformino in una risposta metabolica cellulare in fase con quella delle altre cellule, devono essere coerenti. La coordinazione di tutto avviene attraverso l’azione del sistema nervoso autonomo che permette il controllo e la gestione strutturale di tutte le altre reti (vascolare, linfatica, polimerica) e funzioni (ormonale in primis) determinando la contemporaneità informazionale in tutti i settori della rete. Se quindi, intervenire sul sistema nervoso autonomo rappresenta una delle terapie fondamentali, è intuibile che un ruolo altrettanto importante hanno le varie tecniche di intervento sulla Matrice elaborate in oltre quaranta anni di Medicina Funzionale: sarebbe auspicabile che almeno il medico funzionale sappia utilizzarle tutte specializzandosi poi in quella che meglio si adatta alle sue caratteristiche cliniche.

La membrana basale

Lo studio sulla Matrice extracellulare è andato molto avanti grazie al contributo determinante di Pischinger. Oggi sappiamo che la membrana basale, una struttura molto antica alla quale le cellule sono letteralmente incollate (secondo alcuni autori non dovremmo nemmeno distinguerle dalla Matrice…) rappresenta la piattaforma di strutturazione e diffusione della Matrice nello spazio extracellulare, una struttura che è sottoposta a continui input adattativi. La struttura della membrana basale comprende una serie di componenti (lamina lucida e densa, collagene IV, laminina, nidogeno, eparansulfato) che determinano la qualità dell’adesione cellulare e regolano la proliferazione e la diffusione di molecole o lo spostamento di cellule da un settore ad un altro.

I fenomeni infiammatori e infettivi e la Matrice extracellulare

È proprio a questo livello che agiscono le metalloproteinasi ed è piuttosto ovvio che questo è il tessuto da cui i linfociti partono per gestire i fenomeni infiammatori e infettivi che nello stroma connettivale trovano la via principale per diffondersi nel corpo. Questa modalità “fasciale” della comunicazione tra parti a distanza è oggetto di studio e applicazioni terapeutiche che stanno profondamente cambiando perfino terapie della matrice extracellulare collaudate come la terapia neurale. Lo sfruttamento delle caratteristiche della rete trova applicazione sperimentale nella costruzione di nuovi tessuti a partire da porzioni di matrici decellularizzate che insieme all’uso di cellule staminali apre interessanti prospettive di tipo rigenerativo, a patto aggiungo io, che si mantengano le condizioni ideali per la regolazione di base.

La regolazione di base

La Matrice extracellulare appare quindi come una rete complessa che permette gli scambi, sostiene le parti ma anche le separa: così come alle stesse parti apporta nutrienti facendone deposito, fa anche da contenitore temporaneo di tutti i fattori di scarto metabolico che le cellule producono e contemporaneamente gestisce la morfogenesi adattativa continua grazie all’intervento della rete neurale. La Medicina Funzionale ricorda che una “Matrice funzionale” ossia priva di anomalie strutturali e priva di detriti è la condizione essenziale perché avvengano correttamente tutti i processi di regolazione: qualsiasi intervento Medico applicato in senso funzionale deve mirare a ripristinare la regolazione di base e ciò avviene solo quando viene rigenerata l’integrità morfo-funzionale di questo tessuto. Per elaborare una strategia bisogna quindi identificare la fase funzionale in atto perché questa condiziona lo stato strutturale della matrice.

La regolazione neurale della Matrice extracellulare

Fu Hans Selye a intuire per primo che le variazioni morfo-funzionali tissutali dipendono dalla risposta reattiva adattativa agli stressori. Oggi sappiamo che tali mutazioni conseguono all’intervento diretto sui tessuti da parte del sistema nervoso autonomo grazie a fibre nervose che terminano nella Matrice extracellulare realizzando “sinapsi elettrochimiche” libere. Tali terminazioni creano un modello di comunicazione che è contemporaneamente elettrico e chimico che ha come attori importanti le “matrichine” ossia segnali biochimici citochinici ad azione bifasica specifici della matrice. Grazie a questa modalità si gestisce centralmente l’espressione genica periferica determinando i mutamenti di forma e funzione della Matrice extracellulare e delle cellule che gli appartengono, utili agli scopi del sistema vivente. Queste fibre nervose hanno uno stretto legame con i ritmi neuroendocrini (circaorari, circadiani ecc.) influenzando direttamente la componente vascolare presente nel fascio neuro-vasculo-linfatico. Il controllo neurale determina alternativi fenomeni di vasocostrizione o di vasodilatazione che vanno di pari passo con l’attivazione o la disattivazione metabolica dei gruppi cellulari: nessuna cellula, secondo questa contestualizzazione strutturale, può operare in piena libertà ma solo in modo sincrono con le parti. La sincronicità dei fenomeni locali avviene mediante un raffinato controllo delle strutture nervose che operano tramite circuiti locali a loro volta integrati a circuiti superiori attraverso nodi della rete, alcuni dei quali coincidono con i gangli nervosi. La comunicazione regolativa neurale può essere disturbata nel caso in cui la matrice extracellulare dovesse presentare anomalie che sono alla base della teoria dei campi perturbanti, ma perché si arrivi alla creazione di tali anomalie sono necessarie delle condizioni di danno all’architettura pluridimensionale della matrice extracellulare come accade a causa di una ferita, della presenza di un corpo estraneo, una infiammazione cronicizzata ma di basso grado, una infezione cronica silente ecc. con effetti anche a distanza a causa del fatto che la matrice è una rete e la rete è diffusa in tutto il corpo.

La Matrice extracellulare secondo la Medicina Funzionale

La Medicina Funzionale propone una metodologia di intervento che è basata sullo studio di come avvengono fisiologicamente i cambiamenti morfologici della Matrice extracellulare. Questo tessuto è sottoposto costantemente a continui riarrangiamenti: vi sono fasi in cui la matrice è più ricca di acqua, altre in cui il contenuto di acqua si riduce. Quotidianamente gestiamo condizioni cliniche di pazienti che hanno una matrice extracellulare contenente troppa acqua o troppo poca rispetto ad uno standard. Allo stesso modo osserviamo condizioni in cui i tessuti mostrano una matrice particolarmente densa o la cui densità si riduce sempre rispetto ad uno standard: esami come la Bioimpedenziometria, la Elettrosegmentografia sono gli strumenti per riconoscere questi aspetti della Matrice. Anche esami come il semplice toccare e palpare il paziente possono fornire preziose indicazioni sullo stato della matrice, ma richiedono tempo, pazienza ed esperienza per riconoscere le variazioni rispetto ad uno standard. Grazie al ragionamento clinico indotto dalla Medicina Funzionale possiamo spiegare questi fenomeni e perché si verificano: bisogna dare una continuità temporale al comportamento biologico dei tessuti. Il medico deve quindi analizzare il prima e non solo il durante della malattia, rielaborando l’anamnesi attraverso la “storia di vita” e non una mera raccolta di date di patologia. Siamo coscienti di essere portatori di una sostanziale novità che ci contraddistingue per l’avere sviluppato un diverso modo di vedere i fenomeni patologici che, come hanno anticipato maestri del calibro di W. Cannon, H. Selye, Rickert, non sono illogici ma la naturale conseguenza di un comportamento tissutale indotto da un controllo centrale. Per capire la malattia bisogna rileggere ogni evento biologico alla luce dell’enorme mole di dati fornita dall’ultimo secolo di scienza come espressione di una risposta adattativa che muta con il mutare dello stimolo e si adatta alla disponibilità di risorse. Il modello cellulare di Wirchow mostrerà limiti sempre più indifendibili fino a quando non verrà integrato con il modello del terreno o meglio del Milieu Interieur semplicemente perché sono due facce della stessa medaglia: non è possibile comprendere pienamente l’uno se non lo si integra con l’altro ed entrambi hanno bisogno di essere contestualizzati all’ambiente nel quale il sistema biologico è temporalmente inserito.

Le fasi neuro-ormonali

Bisogna quindi porre attenzione alla bifasicità delle funzioni neuro-ormonali che corrisponde ad una bifasicità del comportamento della matrice e delle cellule. Tutto dipende dal controllo dato dalla rete neurale, la quale è a sua volta condizionata da una risposta centrale a stimoli provenienti dall’ambiente esterno al corpo. L’ambiente esterno presenta la bifasicità di fondo data dall’alternanza dei fenomeni luce/buio ed a questa alternanza si conforma quella che nelle lezioni di medicina funzionale ho definito “equazione biologica”: un modello che vuole essere matematico riduttivo per introdurci a comprendere il comportamento altamente probabilistico delle funzioni corporee, tale equazione che vi anticipo, sarà argomento da me trattato in futuro in questo blog.

La Matrice extracellulare e il sistema nervoso autonomo

Tornando alla rete neurale sappiamo che ha una componente detta simpatica che determina nella cellula e nella matrice cambiamenti morfo-funzionali interdipendenti ma opposti tra loro a patto che non si generi un “blocco catabolico”. La medesima osservazione, invertendo i fenomeni, possiamo farla quando la componente simpatica della rete neurale viene funzionalmente sostituita da quella parasimpatica che può essere esaltata fino al “blocco anabolico”. L’ azione del sistema simpatico corrisponde al catabolismo: la cellula incrementa il suo metabolismo (consuma le sue riserve) grazie al mitocondrio che produce energia a partire dal glucosio utilizzando ossigeno (ciclo di Krebs). Questa produzione energetica in forma di ATP, utile ai fini dell’incremento metabolico sistemico (risposta combatti o scappa), determina a livello cellulare la produzione di possibili danni conseguenti alla liberazione di fattori ossidanti, protoni, anidride carbonica ecc. Attraverso meccanismi chiariti dalla biochimica, questi “scarti” vengono scaricati nella Matrice extracellulare che fa da deposito temporaneo, permettendo alla cellula di proseguire la sua attività catabolica anche trasformando le tossine in scarti biodegradabili. Durante la fase simpatica, a causa del prevalente ipertono vascolare determinato da ormoni come l’adrenalina, la Matrice extracellulare accumula tali prodotti e tende ad incrementare le sue dimensioni mentre la cellula, usurando la sua struttura, tende al contrario a fenomeni di minus strutturali. L’alternanza, che non è propria della cellula ma determinata dal tono neurale, comporta nella fase parasimpatica una vasodilatazione che raccoglie e convoglia verso organi come il rene l’eccesso protonico e che permette contemporaneamente di ripristinare le riserve molecolari (bicarbonati, aminoacidi, vitamine ecc.) (fase di recupero trofico). Contemporaneamente la fase essenzialmente infiammatoria prepara i rimaneggiamenti strutturali che permettono alla cellula e quindi al tessuto sollecitato di adeguare la struttura al tipo di performance richiesto: ciò avviene dopo un segnale ormonale parasimpaticolitico a breve durata (fase di adeguamento morfologico). Questi fenomeni unificati in medicina funzionale grazie ad una collocazione secondo il vettore temporale che permette di distinguere un prima (lo stimolo) ed un dopo (la risposta reattiva e adattativa), non sono ancora stati condivisi dalla medicina accademica per la quale i cambiamenti osservati nei tessuti sono slegati dalle fasi orto/para non riconoscendo al controllo neurale la funzione determinante il comportamento cellulare. Le fasi cataboliche o anaboliche prolungate nel tempo, proprio a causa della perdurante temporalità, comportano esaurimento di funzione e conseguenti alterazioni anatomiche della matrice come delle cellule. L’anatomia patologica andrebbe rielaborata sulla base della risposta dei tessuti ai fenomeni bifasici che, proprio per l’assenza di alternanza, li fanno deviare dalla norma trasformandosi in un carico allostatico. Ciò si verifica quando il sistema reagisce ad uno stressor, infatti nella normalità non vediamo alterazioni patologiche fino a quando è presente una fisiologica alternanza tra fasi cataboliche e anaboliche.

Il blocco di fase

Nel Blocco di fase l’intero sistema (o parti di esso) reagisce allo stressore modificando la regolazione di base con il fine di adeguare la propria struttura e renderla competente verso lo stressore stesso. L’obiettivo è riprendere il più velocemente possibile una normoregolazione che coincide con il ripristino della regolazione di base su un tessuto però adattato, ossia capace di gestire lo stressore con efficacia. In genere il nostro corpo, grazie alla fine interazione tra le parti e grazie alla presenza della Matrice extracellulare, riesce a mantenere un mirabile equilibrio nonostante sia costretto costantemente a cambiare ma, in questa continua alternanza, la matrice extracellulare può subire danni di piccola entità che coincidono con una progressiva riduzione delle capacità reattive e di recupero (invecchiamento della struttura). Il blocco delle alternanze espone la cellula a dovere gestire situazioni critiche che hanno una ripercussione altrettanto critica sull’integrità strutturale dell’intero sistema. Come l’organismo cambia alcuni parametri (incremento del colesterolo, maggiore consumo di vitamina C ecc.) così cambia la Matrice extracellulare: trattiene più acqua, trattiene più protoni, facilita al suo interno precipitati di calcio per permettere alle cellule una attività elettrica adeguata. Ma nel momento in cui si altera la bifasicità, nel momento in cui si interviene su di essa senza comprenderla, si pongono le basi per il disordine funzionale che comporterà danno anatomico. Nel blocco si riduce progressivamente la depolarizzazione elettrica delle cellule. La matrice diventa un tessuto ipercalcificato: si altera la struttura quaternaria delle sue proteine; il sistema nervoso autonomo ne perde il controllo (il calcio regola la trasmissione nervosa). La cellula, costretta ad attivare un meccanismo di sintesi diverso da quello fisiologico e potenzialmente pericoloso nel blocco catabolico, subisce la relativa ipossia tissutale interrompendo la produzione di energia attraverso il ciclo di Krebs. Il terreno ipossico da ipertono simpatico prolungato è quello dove solo esprimendo fenotipi genetici adattativi di antica memoria è possibile che la cellula sopravviva. Ma è una cellula diversa, una cellula che vuole sopravvivere a scapito di quelle normali espandendo innanzitutto il terreno che le è più adatto a vivere. È la cellula tumorale. Riconoscere il blocco catabolico o il blocco anabolico è determinante per elaborare una strategia terapeutica che potrebbe essere di sostegno, di contrasto o induzione di cambio della fase in atto: queste azioni prevedono un intervento mirato sulla matrice extracellulare. Non farlo significa correre dei rischi clinici. Contrastare la Matrice extracellulare patologica e rigenerare una matrice extracellulare fisiologica, e come tale capace di reintegrarsi nel contesto di un corpo che funziona come un BIOWEB, è una delle sfide che la medicina funzionale può guidare anche grazie alla cultura olistica che la contraddistingue e che permette di cogliere le relazioni tra le parti.

Conclusioni

Dalle malattie infiammatorie, alle malattie degenerative e autoimmuni fino ad arrivare alla gestione del semplice recupero dopo una intensa prestazione sportiva, il ripristino della regolazione di base attraverso una rigenerazione morfo-funzionale della Matrice Extracellulare è possibile ed è il fattore che condiziona la riuscita di ogni terapia. Questo tessuto è esattamente l’anello mancante della medicina basata sulla teoria cellulare di Wirchow e la sua corretta gestione permette di elaborare strategie terapeutiche innovative e soprattutto efficaci. Praticamente in tutte le patologie la gestione funzionale della Matrice extracellulare svolge non un ruolo centrale ma il ruolo centrale. Sarà mio compito lungo il dipanarsi temporale di questo blog mostrare quali sono i punti di ingaggio per utilizzare le terapie che meglio permettono di mettere o riportare in performance tale tessuto, dall’apparente banale “drenaggio”, alla rigenerazione della matrice, all’ossigeno-ozono terapia e la terapia neurale.

Dedicato a Rosaria Faso
“Matrice della Matrice” 8-12-1969/8-12-2019

Bibliografia
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Alcuni libri sull’argomento:

AAVV The Extracellular Matrix in development and disease ed. Julia Thom Oxford 2005- eBook ISBN: 9780080930954
A.Pischinger La matrice extracellulare
Bellabona G.F. La matrice extracellulare in Medicina Funzionale, in AA, Vari L’arte dell’equilibrio Biologico Named 2015
Bellabona G.F. capitolo 1 in AA Vari: Medicina Funzionale La medicina Conforme alla vita, Named Ed. 2016