Skip to main content

I meccanismi fisiologici di regolazione

L’arte medica deve essere comprensione dei meccanismi fisiopatologici che mettiamo sempre in atto per adattarci a vivere, anche attraverso la malattia, che in tal senso va intesa come un mezzo da parte del nostro organismo di logico tentativo di regolazione di uno stato psicofisico generale progressivamente deficitario. Questa è in sintesi la medicina funzionale, la comprensione dei profondi meccanismi di natura psicofisico-biologici che portano un paziente a esprimere un determinato sintomo.

La medicina funzionale

Quella medicina funzionale che è metodica di insegnamento in Italia che accomuna quindi lo studio fisiopatologico delle malattie con le più aggiornate nozioni della medicina scientifico-sperimentale dei nostri giorni, anche integrando le antiche metodiche (come ad esempio, l’omeopatia e la medicina tradizionale cinese) o le attuali conoscenze di biofisica, attraverso il linguaggio e il filtro adottato dalle moderne nozioni che vengono messe in evidenza dall’attuale letteratura scientifica.

Negli ultimi anni, l’infiammazione è tornata al centro dell’attenzione eziopatogenetica di un prevalente numero di patologie croniche. In medicina funzionale questo significa: a ognuno la propria infiammazione personalizzata, partendo ovvero da un personale “circuito funzionale” che, sempre a partenza dalle emozioni può condizionare nel tempo sia l’assetto ormonale che quello immunitario fino ad arrivare a esprimersi con un sintomo espresso su un determinato organo-bersaglio. In altre parole, questo aspetto esprime e mette in pratica su ogni paziente un personale aspetto PNEI (inteso come Psico-Neuro-Endocrino-Immunologico).  Questo significa che la medicina funzionale, fornisce modelli di diagnosi e di terapia specifici e “ritagliati come un sarto” per ogni persona e per ogni caso clinico. Per dieci pazienti con lo stesso sintomo, dieci percorsi di diagnosi diverse e infine, dieci terapie personalizzate diverse.

La medicina funzionale e l’infiammazione

In medicina funzionale l’infiammazione è da considerarsi l’unico processo tissutale attraverso cui l’organismo cerca di eliminare ogni agente perturbante stressore esogeno o endogeno, ed è il solo, mirabilmente codificato in corso dei lunghi anni di evoluzione, a cui la Natura si rivolge per la neutralizzazione di ogni dissonanza o eccesso (batteri, virus, fungo, parassita, sostanze estranee all’organismo, oppure cellule non self o non “riconosciute” dal sistema immunitario, etc.), quindi di ogni diversità che comprometta l’equilibrio biologico del paziente, di ogni agente potenzialmente pericoloso per l’integrità della persona e, quindi, della specie.

Il medico funzionale e l’infiammazione

Non disconoscendo l’utilità per la vita umana di farmaci di sintesi di drastico intervento in quadri di particolari stati patologici, alcune volte indispensabili onde immediatamente rimediare a situazioni di importante gravità, il medico funzionale, chiusa una necessaria fase di blocco attraverso l’utilizzo di farmaci di sintesi chimica (vedi antibiotici, cortisonici o altro), di un’infiammazione in forma acuta, proverà a comprendere perché dis-funzionalmente quel sistema biologico continua a riproporre, di volta in volta, sempre e invariabilmente, la stessa infiammazione.

L’infiammazione e la “performance” biologica

Se di norma non infiammiamo in misura sintomatica in ogni momento, sarà perché abbiamo delle difese immunitarie in ordine. Ma quel sistema immunitario continua a essere efficiente se sostenuto da un sistema metabolico in ordine.  Naturalmente quel sistema metabolico sarà performante, se sostenuto da un adeguato asse ormonale dello stress, ovvero da un corretto ordine di gestione dello Stress da parte della persona. Da questo presupposto, nasce il concetto funzionale di “capire” quell’infiammazione, sul perché profondo di quell’insorgenza, nella certezza clinica che non si tratta mai di un disturbo casuale, rappresentando sempre una reazione biologica  (bios-logos) che risponde, ogni volta, a una logica ferrea di  controllo di un precedente deragliamento del sistema ormonale e immunitario, quindi con molte concause scatenanti, il più delle volte in apparenza poco evidenti, ma che vanno necessariamente individuate. Lavorare solo sul cosiddetto Sintomo può essere efficace solo alla condizione di avere un sistema biologico complessivo del paziente in grado di gestire e contro-regolare a livello sistemico il reset ottenuto da quella forzata soppressione.  In tal caso il paziente può tornare all’equilibrio funzionale di partenza, con remissione del sintomo e della patologia, ma questa volta senza la possibilità di recidiva, perché finalmente affrontata in maniera causale. Ma se il processo infiammatorio farmacologicamente “bloccato”, sia con l’utilizzo di farmaci di sintesi biochimica, (ma in alcuni casi anche attraverso l’utilizzo di rimedi naturali), nel suo decorso non viene opportunamente supportato, ad esempio da un sistema di drenaggio emuntoriale efficace, aprirà la strada a una ripetizione di quel sintomo infiammatorio, come una sorta di continuo cortocircuito, visto in questo caso come la più diretta, opportuna ed efficace via di compenso adottata in quel momento dall’organismo. Questo perché un sistema biologico, non sbaglia mai la sua controregolazione.

La medicina funzionale e le patologie infiammatorie croniche

Si apre in questo modo lo scenario alle patologie infiammatorie croniche, il grande capitolo aperto e ancora non risolto, nella medicina del XXI Secolo.  Normalmente, ogni giorno, il nostro sistema organico alterna, fisiologicamente e gradualmente, una fase reattiva ed una fase uguale e contraria di recupero, attraverso l’attivazione del nostro sistema nervoso autonomo, cioè alterna in modo continuo le cosiddette fasi di orticosimpaticotonia e parasimpaticotonia, ovvero di alternate fasi di usura e riparazione dei tessuti, con conseguente alternanza di acidosi e alcalosi metabolica.

Le patologie infiammatorie croniche e il sistema nervoso autonomo

Durante l’attività dell’orticosimpaticotono, in fase reattiva, si crea usura dei tessuti attraverso il consumo di energia e non c’è spazio per processi di disintossicazione, recupero di funzione e trofismo, tutto è rivolto alla massima performance e al superamento degli stressori attivi: più elevato sarà il loro numero, più lo stressore resta in fase attiva e più il sistema manterrà attiva ed intensa la risposta: non potrà quindi passare alla fase di parasimpaticotonia, ovvero di infiammazione fisiologica, necessaria per il recupero della funzione. In fase di parasimpaticotonia, i tessuti e le cellule recuperano trofismo (struttura) e morfologia (specializzazione delle cellule): in questa fase, solo al termine dello stress le cellule iniziano il recupero e si ipertrofizzano per poi secernere nello spazio extracellulare i metaboliti sintetizzati. Questa fase fisiologica circa è caratterizzata da fisiologica infiammazione, anabolismo, riduzione, alcalosi. Durante questa fase, l’apparato, l’organo e la cellula vanno normalmente incontro al ristagno di liquidi (stasi), iporeattività e ritenzione, come accade ad ogni persona che, dopo un forte stress, si deve riposare per recuperare.

La durata di questa fase sarà fisiologicamente proporzionale alla persistenza nel tempo del precedente stressore e verrà riattivata ogni volta che si presenterà uno stress uguale o simile (memoria reattiva). Tutto ciò va sottolineato avviene normalmente per milioni di volte al giorno senza che ce ne accorgiamo in tutte le nostre cellule, nei nostri tessuti e nei nostri organi.

Acidosi e alcalosi in medicina funzionale

Il corpo umano è stato concepito per essere alcalino e fa di tutto per conservarsi entro le sue possibilità, lievemente alcalino, conformemente alla caratteristica propria del sangue e dei tessuti. Il fatto è che il corpo umano è alcalino nella struttura, acido nell’espletamento delle sue funzioni, cioè mentre lavora produce inevitabilmente scorie acide. In pratica tutte le funzioni corporee producono degli effetti acidi; è di fatto molto frequente, che sangue e tessuti del corpo tendino con l’attività all’acidosi. A tale risultato si aggiunge un alterato stile di vita sociale e alimentare.

L’acidificazione della matrice extracellulare

Ne risulta un esito in una progressiva e inesorabile iperacidificazione della nostra matrice extracellulare, che consiste in quel tessuto ubiquitario che avvolge tutte le nostre strutture muscolari, ossee e organiche, non permettendo una ottimale comunicazione di tipo neuro-linfatico-vascolare e di regolazione endocrino-immunitaria, tra tutte le cellule dei nostri tessuti e quindi dei nostri organi. Tale squilibrio comporta l’inizio del caos, aprendo la porta alla malattia ed al malessere, ovvero quei frequenti disturbi vaghi e aspecifici, che tanto spesso ci accompagnano, e costituiscono frequente motivo di consulto medico, senza un’apparente possibilità di una chiara diagnosi. L’iperacidificazione dei fluidi organici e dei tessuti del corpo è la necessaria situazione metabolica di partenza di tutte le malattie che ci rende vulnerabili, come vedremo, in ultima analisi anche agli stati infiammatori di natura infettiva: poiché in un ambiente acido-base equilibrato, i germi non possono avere un terreno di coltura idoneo. Sottolineo questo concetto, poiché dobbiamo concepire come il nostro organismo come un sistema in costante ricerca di equilibrio, anche microbiologico. Il problema sta quindi in un eccesso di acido che generiamo noi stessi, a causa di tante scelte che facciamo, ogni giorno. Tutti i meccanismi di regolazione del corpo (compresa la respirazione, la circolazione, la digestione e le funzioni ghiandolari) lavorano per ripristinare il delicato equilibrio interno acido-alcalino. Non è sostenibile per il nostro organismo tollerare squilibri prolungati dell’equilibrio acido-base.

Le 7 fasi dell’acidosi

Volendo dare delle indicazioni generali, l’acidosi ci si rivela in 7 fasi:

  1. Perdita di energia;
  2. Sensibilità ed irritazione, vedi ad esempio, la cosiddetta Irritable Bowel Syndrome ossia la sindrome da colon irritabile
  3. Muco e congestione;
  4. Infiammazione;
  5. Sclerosi di tessuti molli, del tessuto connettivo (indurimento, come nel caso di fibromialgia, ispessimento arterioso, placche);
  6. Ulcerazione;
  7. Degenerazione (cancro, cardiopatia, ictus, SLA o sclerosi laterale amiotrofica, sclerosi multipla, diabete, ecc.).

Acidosi e stress ossidativo

Alla base di qualsiasi patologia infiammatorio/degenerativa del distretto osteoarticolare e muscolo-tendinea c’e’ sempre un processo di acidosi cronica. L’organismo, mandando progressivamente in sovraccarico di attività le normali vie di eliminazione degli organi emuntori (fegato, rene, polmoni, intestino), cerca di drenare le scorie acide utilizzando come ultimo organo collaterale la cute, che così potrà renderci sintomi infiammatori come eczema, dermatite, acne, ma anche crampi muscolari, indolenzimento, gonfiore, irritazione, dolori aspecifici, sino a sintomi a distanza come cefalea. Se il pH dei tessuti si sbilancia troppo verso l’acido, i livelli dell’ossigeno diminuiscono fino a ottenere un blocco del metabolismo cellulare. In altre parole, le cellule, lentamente, perdono le loro funzioni cellulari, si crea cioè stress ossidativo, con consumo dei sistemi antiossidanti della cellula (tra essi i più efficaci: le vitamine) con blocco dei cicli enzimatici mitocondriali, vere e proprie centrali energetiche della cellula che si trovano all’interno dei nuclei cellulari, con conseguente morte cellulare e progressiva perdita di funzione di quel muscolo, di quell’osso, di quello specifico organo.

La risposta fisiologica all’acidosi

Pertanto, il pH che tende verso il basso non può essere ammesso; per prevenirlo, quando il sangue si trova di fronte ad un eccesso di acido, esso comincia ad estrarre minerali alcalini dai nostri tessuti per controbilanciarlo. C’è un gruppo di Sali minerali basici, presenti nella nostra matrice extracellulare, particolarmente adatti a neutralizzare o eliminare gli acidi forti, che comprende: sali di sodio, potassio, calcio e magnesio. Quando questi reagiscono con gli acidi, creano sostanze molto meno nocive che vengono poi eliminate dal corpo. Non dimentichiamo la compartecipazione dell’increzione di sostanze cosiddette “tampone”, cioè basiche, ovvero i bicarbonati, secreti dalle cellule parietali dello stomaco nonché dal pancreas endocrino per la continua correzione dell’ambiente intestinale. Anche il polmone assolve alla sua incessante funzione di escrezione di sostanze acide cosiddette “volatili”. Se ci sono troppi rifiuti acidi da gestire, questi si depositano nel nostro tessuto connettivo oltre che negli organi (cuore, pancreas, milza, polmoni, fegato e colon), nel tessuto adiposo come depositi. In un corpo sano sussistono sempre riserve supplementari di questi minerali alcalini per rispondere alle richieste di emergenza. Ma, se ce ne sono quantità insufficienti nella dieta o nelle riserve, vengono recuperati altrove o potrebbero essere sottratti al sangue (come per esempio il sodio o il potassio), alle ossa o cartilagini (per esempio il calcio) o ai muscoli (per esempio il magnesio) dove sono funzionalmente necessari. Questo può, facilmente, condurre a stati di carenza ed ai molti e svariati sintomi che ne conseguono.

Correlazione fra acidosi cronica e alcune malattie

La stretta correlazione tra acidosi e disfunzioni metaboliche oggi è stata avvalorata da studi che hanno messo in relazione la sindrome metabolica (che comprende l’associazione di malattie croniche come diabete, dislipidemia e ipertensione) con gli stati di acidosi cronica. Anche alla base di qualsiasi patologia infiammatorio/degenerativa del distretto osteoarticolare e muscolo-tendinea, come anche nell’osteoporosi troviamo all’origine un processo di acidosi cronica.